Marketing: attenzione alla comunicazione “pilotata”.

 

Mi trovo a scrivere oggi questo articolo sul Blog perché più persone, nei momenti formativi orientati alla comunicazione, mi hanno chiesto approfondimenti su questo argomento. 

La maggior parte delle persone oggi in Italia, sotto i 60 anni, conosce la guerra attraverso la televisione e la comunicazione di massa, non, per fortuna (!!), per esperienza diretta.

Questa “fortuna” però ha consentito ai mezzi di comunicazione di orientare facilmente le idee di coloro che osservano gli eventi bellici attraverso un filtro: quello dei mass media. Grazie alle informazioni così filtrate infatti la televisione, la radio, le riviste, hanno un ruolo determinante nel generare atteggiamenti del pubblico a favore o meno di un determinato evento. 

Questa funzione della comunicazione di massa come strumento strategico è sempre esistita, (come puoi leggere su “Come farti ricordare dagli altri 🙂 _Parte 4/8”), ma spesso non ne siamo a conoscenza o non vorremmo mai che così fosse. La manipolazione persuasiva delle idee è un fatto noto e attuato in realtà ovunque nel mondo e, ahimè, non ne siamo affatto esenti nel nostro paese.

Con l’avvento di internet e di reti televisive che in un nanosecondo ci informano su eventi che accadono in ogni angolo del globo, questa professionalità di “comunicazione propagandistica” si è specializzata sempre più in profilate strategie persuasive.

Per i più digiuni sull’argomento, la comunicazione bellica è ormai un tema che viene divulgato in testi presenti nelle nostre librerie, che però non riescono ad avere poi un impatto sulla popolazione; inoltre la loro pubblicità è spesso “contenuta”.

Penso possa esserti utile una notizia di qualche tempo fa che riporto integralmente, estratta da un testo in uso per gli studenti di Scienze della Comunicazione (*).
Dove vedrai questo simbolo (…) vuol dire che ometto parti irrilevanti, per abbreviare il brano riportato:

Per quanto l’opinione pubblica americana fosse generalmente favorevole all’intervento militare nel Golfo, il governo del Kuwait in esilio desiderava comunque rafforzare ulteriormente questa tendenza e mettere a tacere gli ultimi dubbi. Era stata quindi ingaggiata la più grossa agenzia mondiale di pubbliche relazioni per sviluppare una massiccia strategia di comunicazione che convincesse la popolazione sulla necessità di agire. (…) La prima parte del lavoro fu di identificare immagini e simboli adatti a provocare nel pubblico reazioni emotive favorevoli alla guerra. (…)”Di conseguenza nacque un video con elevato impatto “dove una giovane in lacrime raccontava di essere stata testimone dell’occupazione di ospedali nel Kuwait da parte di soldati iracheni, che avevano prelevato bambini prematuri dalle incubatrici per portarli a Bagdad.

Il video venne proiettato in tutti i principali notiziari e fece crescere il sostegno pubblico (…) per intraprendere un’azione militare. Dopo la fine del conflitto risultò che la giovane “testimone” era la figlia dell’ambasciatore del Kuwait (…)”  e si era prestata come attrice per il video. “Inoltre una commissione medica che visitò il Kuwait scoprì che gli ospedali non avevano incubatrici di sorta.”

Indipendentemente da come si siano in realtà svolti i fatti, questo è solo un cenno per notare l’importanza delle strategie comunicative nelle guerre moderne.

Quindi la possima volta che guarderemo la televisione, ricordiamoci di pensare con la nostra testa, qualunque “strategia” comunicativa venga usata.

 

(*) “Il nemico ha la coda” testo universitario, edito Giunti.

 

Alessandra Vicario

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